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Nella seconda metà del Trecento, il ristabilirsi dell’autorità dei Papi dopo il ritorno da Avignone a Roma e l’attribuzione del ruolo di “legati” pontifici ad alcuni personaggi che si erano distinti nel difendere gli interessi del papato, fornirà ad alcune famiglie una veste legittima per l’esercizio del potere. Si affermano quindi, nei diversi centri appenninici, le famiglie dei Guidi in Casentino, degli Ordelaffi a Forlì e Bertinoro, dei Vitelli a Città di Castello, dei Brancaleoni a Piobbico e Castel Durante, dei Malatesta lungo la costa romagnola, nell’entroterra cesenate e a Fossombrone, degli Oliva a Piandimeleto e soprattutto dei Montefeltro, che fecero di Urbino la capitale del loro stato, destinandola a diventare uno dei maggiori centri artistici del Rinascimento.
I più celebri capitani e uomini d’arme del Quattrocento furono in gran parte originari delle terre dell’Appennino centrale: Braccio Fortebraccio da Montone, capitano generale di papa Martino V, e i suoi aiutanti Niccolò Piccinino, perugino, e Erasmo da Narni detto il Gattamelata, Muzio Attendolo Sforza detto il “villano di Cotignola”,
i Vitelli di Città di Castello, i Manfredi, esponenti della nobiltà locale di Faenza, i Malatesta di Rimini, i Montefeltro di Urbino.
Figure emblematiche furono quella di Luca Pacioli, di Borgo San Sepolcro, matematico e amico di artisti, studioso della geometria euclidea, propagandista della cultura scientifica, specie quella relativa alla “perspectiva” fondata sull’applicazione di rigorosi calcoli matematici, che egli vide incarnata nell’opera del suo concittadino Piero della Francesca, a sua volta scrittore di numerosi trattati sull’applicazione delle regole geometriche alla pittura, sull’abaco (antico strumento di calcolo) e sui solidi regolari; merita segnalare anche il forlivese Melozzo, autore di un ciclo di affreschi nella Basilica di Loreto.
Nelle terre dell’Appennino nacquero gli uomini destinati a diventare i massimi artisti del loro tempo: Piero di Benedetto de’ Franceschi, Michelangelo Buonarroti, Caprese, Raffaello.
Leon Battista Alberti, teorico e architetto, uno dei primi studiosi dell’antica Roma, fu chiamato nelle Romagne, alla corte dei Malatesta, per realizzarvi, su commissione di Sigismondo, il Tempio malatestiano di Rimini.
A Urbino Federico da Montefeltro volle la costruzione di un “Palazzo in forma di Città”, cui lavorarono un dalmata, Luciano Laurana, un milanese, Ambrogio Barocci, e il senese Francesco di Giorgio Martini, che fu l’architetto militare più attivo per i Montefeltro, progettista di residenze e fortificazioni in tutto il loro ampio Ducato.
Era urbinate - per l’esattezza di Fermignano - Donato Bramante, destinato a diventare l’architetto più autorevole nella Milano sforzesca di Ludovico il Moro e, più tardi, nella Roma di Giulio II della Rovere. |
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